Le Barche è un rione che conserva un fascino antico.
Uno dei quartieri più caratteristici, con i suoi vicoli dal sapore medievale sui quali si aprivano le vecchie botteghe d’arte ed artigianato, oggi le associazioni culturali e artistiche.
A pochi passi dalla Basilica Palladiana e da Piazza Matteotti, ove sorgono il Teatro Olimpico e Palazzo Chiericati (Pinacoteca Civica), questo storico rione si affaccia sul fiume Retrone, vicino a dove, subito dopo il ponte romano (Ponte delle Barche) anticamente il Retrone confluiva nel fiume Bacchiglione.
Questi due fiumi, circondavano Piazza Matteotti, detta per questo “l’isola” ove si trovava l’antico porto fluviale.
Ed è proprio questa vicinanza al porto fluviale a far si che le Barche fin dai tempi passati avessero caratteristiche mercantili ed artigianali.
Si svilupparono in particolare le attività manifatturiere, come le concerie, le filature e le tintorie, che occorrendo di scarichi e abbondanza di acqua, trovarono sede lungo il corso dei fiumi.
Nella Pianta Angelica, la più antica prospettiva della città di Vicenza, la cui data risale al 1580, documento al quale si attinge ancor oggi per le notizie sulla planimetria della Vicenza cinquecentesca, si possono notare, allineate lungo il corso del Retrone, le ruote per lo sfruttamento delle acque delle sopraccitate attività.
Con la riforma idrica della seconda metà dell’Ottocento, per ridurre il pericolo degli allagamenti, l’acqua del Retrone fu fatta scorrere in un canale artificiale parallelo al corso del Bacchiglione e la confluenza dei due corsi d’acqua fu spostata più a sud, all’inizio della Riviera Berica.
In quell’occasione la quota stradale del rione era stata rialzata di circa un metro e mezzo, come risulta dall’altezza ridotta di alcuni portali.
Del ponte è ben visibile l’impianto romanico dei tre archi.
Il nome Barche deriva dal fatto che scaricate le merci al porto fluviale le barche trovavano poi ricovero per la notte a ridosso di questo rione.
Il Rione Barche, il cui antico porto è ricordato nella cronaca dello Smeriglio fin dal 1230. È stato oggetto di un’intensa opera di restauro e recupero da parte del Comune, che lo ha salvato dal degrado in cui vessava , facendo si che tornasse alla vita nelle sue caratteristiche corti dai “pergoli” fioriti.
La tipologia del quartiere, come detto, risale dunque a età medioevale e ne conserva l’aspetto, pur con continue sovrapposizioni e sostituzioni attraverso i secoli che lo rendono molto particolare.
Il tessuto abitativo è costituito da strette casette tipicamente popolari con porta d’ingresso laterale e due aperture ai piani superiori, tipologia caratteristica questa delle piccole abitazioni medioevali e che è stata conservata durante il restauro.
A queste costruzioni si affiancano palazzi di più importante valore architettonico.
Ospedale di San Valentino
L’edificio di maggior interesse è quello noto con il nome di Ospedale di San Valentino, sede del CANTIERE BARCHE 14, luogo ove trovavano appunto ospitalità per la notte i viandanti, ma soprattutto i barcaioli in transito per il trasporto delle merci che approfittavano dell’alloggio notturno, dopo avere attraccate le loro imbarcazioni poco lontano.
La storia del palazzetto, che nella sua vetustà conserva ancora una sobria eleganza, è complessa: dell’originaria architettura medioevale rimangono segni esigui: originale è un tratto del cornicione a denti di sega in cotto, sul prospetto principale, l’intero cornicione è stato poi ricomposto interamente dal restauro, usando mattoni originali recuperati dalle pareti interne, ancora medioevali sono le finestrelle con i davanzali in pietra del sottotetto.
Al primitivo assetto dei piani inferiori, del quale non resta alcuna traccia, si sono sostituiti elementi gotici (le aperture del secondo e del primo piano) e seicenteschi dei quali i più vistosi sono il portale e il soprastante balcone della facciata.
All’esterno del portale rimane il segno del portale gotico e l’accenno della curvatura ci dà una precisa informazione del preesistente livello stradale.
Una curiosità sono il cavallino marino e le due facce umane scolpite nei capitelli gotici, ornamenti estranei all’ambiente architettonico vicentino.
E’ stata pure recuperata la quota stradale ed è stato portato alla luce lo scantinato con volte a botte in mattoni, risalente al primo impianto medioevale; durante lo scavo sono venuti alla luce due archi romanici, pure in mattoni, che sono stati mantenuti nella loro forma originale.
Dal fondo della piazzetta ove è sorta, al posto degli antichi orti che si affacciavano al fiume, una nuova costruzione, si passa all’adiacente spiazzo, dove si affaccia un’altra interessante costruzione.
La Conceria
Edificio caratterizzato da tre belle logge sovrapposte, elemento estraneo all’architettura vicentina, ala di un semplice palazzetto con ingresso da contrà Barche, sede di un’ex conceria, con abitazione padronale.
Le logge, piacevole costruzione cinquecentesca venivano appunto usate per l’asciugatura delle pelli.
Sconosciuto fino a pochi anni fa il nome dell’autore dell’interessante manufatto, Franco Barbieri ne ha assegnato la paternità a Domenico Scamozzi, padre di Vincenzo. Domenico, agrimensore, era venuto a Vicenza dalla Valtellina e vi aveva importato certi modi di costruire, e questo spiegherebbe la tipologia anomala per Vicenza del loggiato che dà alle Barche un tocco di originalità.
Scultori, pittori, scrittori si sono ispirati alle Barche, per il carattere un po’ magico di questo luogo.
Non è raro a tutt’oggi vedere pittori con il cavalletto, i quali ai più noti monumenti cittadini, preferiscano gli angoli suggestivi delle Barche.
Qui risiedette Goethe nel suo passaggio per Vicenza, Lo scrittore Goffredo Parise, appena ventenne, vi ambientò il suo più significativo romanzo: “Il ragazzo morto e le comete”.
(Era il primo dopoguerra, le Barche ridotte ad un agglomerato di case fatiscenti in stradine sconnesse e deserte, per il loro aspetto decadente suggerirono al giovane scrittore una storia di fantasmi che si muovevano in una vicenda onirica senza tempo).
Lo scrittore Alberto Belloni descrisse nel suo libro “Solo gli stronzi dormono la notte” un rione delle Barche che sembra uscito dai feuilleton del verismo ottocentesco (limacciosità del Retrone, pantegane lungo i muri, carampane che hanno conosciuto tempi migliori, ragazzotti del quartierino e una vera banda. Del Gato, come si conviene a ogni storia nostrana).